STUDIO LEGALE
SCAFETTA

Carcere e multa per chi usa il sistema del card sharing

Sanzioni cardsharing Sky

Diritto d'autore

Giro di vite contro gli ‘abusivi’ tra gli spettatori dei programmi di Sky e di altre pay tv.

Da oggi evadere il canone delle tv a pagamento costa davvero caro: carcere e multa per chi guarda i programmi in modo irregolare, attraverso il sistema del ‘card sharing’.

Meccanismo che consiste nell’acquistare i codici necessari per vedere i programmi criptati da un soggetto terzo che, in maniera fraudolenta, li vende, illecitamente, a più clienti a prezzi più convenienti del canone.

Parola della Corte di Cassazione che, con la sentenza 46443/2017 emessa dalla Terza sezione penale, ha condannato a quattro mesi di reclusione e duemila euro di multa un telespettatore di Sky che dal suo divano usufruiva del servizio senza possedere una regolare smart card.

Un reato configurabile con la violazione della legge sul diritto d’autore. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’uomo, un 52enne di Palermo, che oltre a ricevere una condanna penale ha dovuto versare alla Cassa delle Ammende ben duemila euro.

La linea dura degli ermellini colpisce così i possessori di codici ‘taroccati’ che in un modo o nell’altro l’hanno fatta franca, almeno per alcuni anni. Infatti il ‘card sharing’ era stato depenalizzato nel 2000 ma ha poi ha riacquisito rilevanza penale nel 2003, dopo che un apposito decreto legislativo lo ha annoverato di nuovo tra i reati.

Così il 52enne palermitano è stato condannato per aver “installato un apparecchio con decoder regolarmente alimentato alla rete Lan domestica ed internet collegato con apparato Tv e connessione all’impianto satellitare così rendendo visibili i canali televisivi del gruppo Sky Italia in assenza della relativa smart card”.

Non sono servite a nulla le motivazioni che il telespettatore ‘furbetto’ ha addotto a sua difesa: in particolare il 52enne palermitano ha giustificato l’assenza della scheda durante la perquisizione a casa sua, evidenziando di aver acquistato i codici di decodifica dei programmi sul web.

Ma la Cassazione non ha sentito storie, confermando la condanna inflittagli dai giudici siciliani di secondo grado nell’aprile del 2016, che avevano bollato come fraudolento il mancato pagamento da parte dell’uomo del canone Sky.

Un reato che, secondo gli ermellini, è configurabile con la violazione della legge sul diritto d’autore del 1941 ( art. 171 octies l.633/1941), avvenuta nella “decodificazione ad uso privato di programmi televisivi ad accesso condizionato e, dunque, protetto, eludendo le misure tecnologiche destinate ad impedire l’accesso e poste in essere da parte dell’emittente”.

I ‘furbetti’ del telecomando dunque sono avvertiti. La condotta di chi utilizza i dispositivi che consentono l’accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del dovuto corrispettivo è espressamente sanzionata dalla legge “indipendentemente - osserva la Suprema Corte - dall’utilizzo pubblico o privato che venga fatto dell’apparecchio atto alla decodificazione di trasmissioni audiovisive”.

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