STUDIO LEGALE
SCAFETTA

L'interesse del minore - aspetti psicologici della CTU

L'interesse del minore

di Marina Romano

CTU valutativa o trasformativa? Dagli studi di psicologia sociale, si è compreso come il conflitto derivi spesso dall’incompatibilità degli scopi.

Alla base della cooperazione vi è sempre la condivisione di uno scopo.

Il conflitto si può ridurre attraverso l’introduzione di un obiettivo comune che preveda la partecipazione di tutti gli attori coinvolti che sono costretti a collaborare in maniera costruttiva.

La coppia genitoriale che decide di intraprendere una consulenza tecnica d’ufficio sta attuando un processo di transfert sulla giustizia, sulla figura del giudice: non è in grado di risolvere un conflitto.

Sono coppie che manifestano conflittualità e distruttività elevate, non hanno le risorse sufficienti per bonificare le operazioni belliche interpersonali che continuano ad attuare, anche dopo la separazione, non accedendo così spontaneamente e consapevolmente ad interventi di mediazione.

Affidano e delegano le loro problematiche relazionali - che non sono stati in grado di affrontare, pensare e contenere - alla giustizia.

Durante il percorso di consulenza tecnica si incontrano spesso coppie genitoriali che non hanno avuto la possibilità di accedere alla funzione di mentalizzazione e che vivono in un clima di urgenza dove la soluzione deve essere immediata (pensiamo anche al poco tempo concesso dal giudice per svolgere le operazioni peritali).

Si ha quindi a che fare con un tempo operativo ridotto rispetto al fine ultimo e supremo che non è solo quello di tutelare il minore e fare il suo interesse, ma anche mettere la coppia genitoriale nella condizione di ripensare le proprie esperienze pregresse ed essere ricettivi verso nuove idee.

La capacità di apprendere, come sottolinea Bion (1962), si esplica quando tutti gli individui sono in grado di rimanere integri, ma non rigidi davanti ad un cambiamento, aumentando la disponibilità a ricevere contenuti nuovi, vedendo le cose in un ottica differente.

Spesso il problema alla base delle coppie genitoriali che arrivano in CTU è proprio di natura comunicativa, sono famiglie che funzionano come sistemi chiusi, in cui non c’è comunicazione, in cui il sistema alla base è patologico e comprimente.

Non c’è stata possibilità per quella famiglia di trasformare quelli che Bion chiamava gli elementi beta, ossia esperienze non elaborate, pensate, metabolizzate e il loro accumulo conduce ad una espulsione di elementi grezzi, che nel concreto coincidono con l’accumularsi di procedimenti giuridici.

La CTU dunque è un’occasione da non perdere per la coppia genitoriale, diviene un luogo dove poter finalmente pensare, entrare in contatto con i vissuti emotivi e dar loro un nome. I CTP, allo stesso tempo, fungono da contenitore e devono sapere entrare in contatto con i bisogni, le angosce ed i vissuti della coppia genitoriale, amplificando la capacità di ascolto.

Nella teoria del contenimento Bion (1962) distingue tre modalità di relazione che possono ripresentarsi anche all’interno di un setting giuridico: conviviale, simbiotica, parassitaria.

Con la prima intende riferirsi a quella situazione in cui colui che contiene e colui che dev’essere contenuto convivono senza influenzarsi a vicenda, ognuno rimanendo ancorato alla propria lettura univoca della realtà, senza possibilità di confronto.

La relazione simbiotica si presenta quando contenitore e contenuto interagiscono e danno origine a qualcos’altro, che spesso è di tipo creativo e bonificante e che non ha a che fare con il concetto classico di relazione simbiotica intesa in senso patologico, perché non è caratterizzata da aggressività o distruttività, ma è reciprocamente feconda.

Infine, la relazione parassitaria si riferisce ad una situazione in cui uno dei due danneggia l’altro e lo distrugge. La seconda relazione è quella che dovrebbe crearsi tra il CTP e l’assistito, creando così un luogo trasformativo, un luogo dove poter pensare l’impensabile.

Dunque, a livello esplicito il giudice si avvale di un professionista che sia in grado di fare una fotografia della situazione attuale, tutelando e salvaguardando l’interesse del minore. In parallelo, ad un livello più profondo, implicito, il CTU come anche i CTP hanno il compito di aiutare la coppia genitoriale ad uscire da un conflitto.

Così, le richieste del genitore, che si tratti di affidamento condiviso o esclusivo, assegno, mantenimento ecc.., sono solo la punta di un iceberg. Al di sotto, vi è una questione irrisolta, non metabolizzata, l’imminente bisogno di esprimere una difficoltà e trovare una soluzione ad una conflittualità che ormai si è sedimenta, cronicizzata.

Dunque i consulenti devono essere in grado di cogliere la domanda implicita delle parti, ossia la richiesta di aiuto e, allo stesso tempo, rispondere alla richiesta esplicita - ossia ai quesiti e alle indicazioni posti dal giudice che richiede provvedimenti da attuare nel futuro – attraverso una co-costruzione con i genitori.

Il tribunale è chiamato simbolicamente a ricopre il ruolo di un Super-Io protettivo, quello che in analisi transazionale viene definito genitore protettivo-normativo, che ha il compito di tutelare le relazioni attraverso un elemento prescrittivo, mentre il compito del CTU sarà quello di creare dei collegamenti tra le dinamiche relazioni attuali ed i copioni e gli schemi passati in cui la coppia genitoriale vi è rimasta imbrigliata e che ripropongono durante la consulenza.

È evidente come il compito del CTU, grazie anche alla collaborazione dei CTP, sarà quello di aiutare la coppia ad osservare e comprendere le dinamiche disfunzionali che incidono sul benessere del minore e soprattutto permettere loro di decentrarsi dalle proprie convinzioni univoche e assolutistiche attraverso il ritiro della proiezione che interrompe l’attribuzione da parte di un genitore verso l’altro di sentimenti, qualità, stati d’animo, pensieri che sono propri, ma che vengono intesi come se appartenessero all’altro.

Di solito i genitori che arrivano in CTU hanno la tendenza ad attribuire all’altro la colpa, non essendo in grado di riappropriarsi di elementi che gli appartengono e il CTU assieme ai CTP aiutano ambedue i genitori a costruire un ponte tra il passato e il presente della consulenza.

Il CTU, come un genitore protettivo-normativo, ha il compito di aiutare il genitore ad entrare in contatto con il proprio bambino interiore per incontrare il bambino reale, il figlio e quindi attuare dinamiche di decentramento da se stesso.

Spesso, tale compito non è semplice perché chi arriva in CTU ha con sé strutture difensive che sono state erette a protezioni di una grande sofferenza e conflittualità e risultano impermeabili.

Per tale motivo è fondamentale che tutti i professionisti mettano a disposizione la propria competenza, scegliendo insieme la metodologia e gli strumenti adeguati per un lavoro trasformativo, oltre che valutativo, uscendo da un atteggiamento paternalistico e coinvolgendo i genitori in tale processo in quanto co-costruttori dell’intervento.

I consulenti dovranno trasformare una motivazione, quella del genitore, che inizialmente è eteroindotta, in una motivazione che sia il più possibile intrinseca e ciò lo si può fare se cambia il modo di porsi dei consulenti nei confronti dei famigliari, abbandonando modalità aprioristiche, giudicanti e paternalistiche.

Nel concreto, quando parliamo di CTU trasformativa intendiamo attivare le energie e le competenze interiori disfunzionali o cristallizzate del genitore, senza imporre alcun modello paternalistico, ma lasciare che entrambi i genitori possano trovare un luogo dove pensare e crescere.

Sherif, M., Sherif, C.W., (1964). Reference groups: exploration into conformity and deviation of adolescents, New York.

Bion, W., (1962). “Apprendere dall’esperienza”, Ed. Armando.

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