Il grado di civiltà di un Paese (e le sue bugie) si misurano osservando le sue carceri

Era il XVIII secolo quando il filosofo francese Voltaire pronunciava questa frase, destinata a diventare di uso comune nelle epoche successive. Nessuno avrebbe immaginato, probabilmente, che questa lettura sarebbe stata quanto mai attuale nel 2019 in Occidente, e che, soprattutto nel nostro Paese, potrebbe essere estesa a vari aspetti del vivere civile (e non).

Nel mio lavoro mi capita spesso di imbattermi in situazioni che, prima ancora che a livello giuridico, sono delle violazioni sul piano civile, inteso non come codice, ma come regole universali di normale convivenza.

Succede che, a pochi km da Roma, nella città che dovrebbe rappresentare un Paese come legalità e sede delle maggiori Istituzioni Nazionali, sorgano edifici non a norma non solo a livello strutturale, ma semplicemente sotto il profilo del buonsenso.

Dopo aver vissuto per anni nella tua casa, aver trascorso pomeriggi nel tuo giardino assolato, un giorno capisci che non puoi farlo più perché qualcuno, in barba alle regole urbanistiche e soprattutto antisismiche, ha costruito un palazzo di 3 piani.

Solo ombra e umidità.

Allora, cominci ad indagare negli uffici preposti, ma molto spesso trovi risposte lacunose o fascicoli di pratiche edilizie vuoti.

Quello che è un abuso edilizio diventa la tua malattia, perché è sempre lì davanti ai tuoi occhi e tu non puoi fare nulla se non rivolgerti ad un avvocato che dovrà intraprendere una guerra contro il sistema.

E sperare che la giustizia trionfi.

Non è possibile che un comune cittadino, che paga le tasse e che rispetta le norme vigenti, sia costretto a dover attendere chissà quanto per veder riconosciuto un proprio diritto, ostruito da chi pensa di poter interpretare le leggi a proprio uso e consumo.

Se i politici di questo Paese cercassero meno il consenso e si occupassero maggiormente di come vengono costruiti alcuni (troppi) edifici, avremmo meno disastri dovuti a fiumi che esondano, a terremoti che distruggono e a strutture che crollano.

Il dissesto idrogeologico, evocato soltanto quando dalla stalla sono scappati i buoi, di certo non porta consenso elettorale, ma sarebbe uno dei primi obiettivi che un paese geograficamente esposto come il nostro dovrebbe affrontare. Non si può vivere sempre sull’onda dell’emergenza o della commozione, come accaduto dopo gli eventi a Rigopiano in Abruzzo, o del Ponte Morandi di Genova.

Tanto può essere fatto con la prevenzione, e con pene severe per tutti quei cittadini che non rispettano, come detto in apertura, il buonsenso, prima che la legge.