STUDIO LEGALE
SCAFETTA

Il processo di dispensa del matrimonio rato e non consumato:
la fase davanti al vescovo diocesano

A cura dell'Avv. Salvatore Pesce

 

1. Premessa: profili sostanziali

Il matrimonio valido tra battezzati si dice solo rato se non è stato completato con la consumazione, cioè se non è stato compiuto tra i nubendi, in modo umano, l’atto di per sé idoneo alla generazione della prole (c. 1061 § 1 c.i.c.).

Per aversi consumazione del matrimonio, pertanto, è necessario che l’atto coniugale, oltre ad essere compiuto dai coniugi dopo la prestazione del consenso matrimoniale (essendo irrilevanti gli eventuali rapporti intervenuti prima della celebrazione) contempli la presenza di due elementi:

1) che sia di per sé idoneo alla generazione della prole (nota 1) ;

2) che sia posto dai coniugi humano modo, cioè con un atto che sia specificatamente riconducibile all’uomo.

Il primo elemento attiene a fattori di natura fisica, mentre il secondo elemento, che costituisce una novità rispetto al codice piano-benedettino, è relativo ad aspetti di natura psicologica, cioè alla garanzia che l’atto coniugale debba essere effettuato consapevolmente e liberamente da entrambi i coniugi (nota 2).

2. La dispensa dal matrimonio rato e non consumato

Quando si verifichi l’inconsumazione, cioè la mancanza di almeno uno dei requisiti sopra descritti, il matrimonio può essere sciolto dal Romano Pontefice in presenza di una giusta causa.

Per comprendere questa particolare ipotesi di scioglimento occorre risalire ad una famosa disputa che, in epoca medioevale, contrappose i fautori della teoria contrattualistica, sostenuta dalla scuola di Parigi (che riteneva il matrimonio perfetto, e quindi anche indissolubile, con la prestazione del consenso tra gli sposi) e quelli della cosiddetta copula teoria, sostenuta dalla scuola giuridica di Bologna, secondo la quale il matrimonio si perfezionava, divenendo indissolubile, soltanto con l’unione fisica tra i conuiugi.

La Sede Apostolica finì per aderire alla prima teoria, ma non riuscì a cancellare del tutto la rilevanza giuridica della consumazione: si continuò infatti a ritenere che il vincolo coniugale venisse ad essere sciolto quando uno dei due sposi, prima di aver dato concretamente inizio, con l’unione sessuale, alla vita coniugale, decideva di votarsi alla vita monastica.

Acccanto a questa ipotesi di scioglimento, andò gradatamente affermandosi il potere del Romano Pontefice di concedere dispensa dal vincolo coniugale a quei coniugi che non avessero consumato il matrimonio.

Questa ipotesi di scioglimento è stata sempre confermata dalla legislazione canonica successiva e ha trovato la sua regolamentazione anche nell’attuale codice di diritto canonico che al can. 1142 c.i.c. prevede che, quando si verifichi l’inconsumazione, il matrimonio possa essere sciolto dal Romano Pontefice in presenza di una giusta causa.

Mentre sul fatto dell’inconsumazione del matrimonio e sull’esistenza della giusta causa giudica la Sede Apostolica (c. 1698 § 1 c.i.c.), la concessione della dispensa è prerogativa esclusiva del Romano Pontefice (c. 1698 § 2 c.i.c.), atteso il costante ed esplicito magistero ordinario della Chiesa (nota 3).

Il provvedimento di dispensa è formalmente un rescritto che ha la natura di grazia, cioè di concessione accordata dall’autorità ecclesiastica in vista di un beneficio spirituale dei fedeli (nota 4).

3. La procedura super rato et non consummato

Il processo per la dispensa dal matrimonio rato e non consumato è disciplinato dai cann. 1697-1706 c.i.c. La normativa trova la sua ragolamentazione nel libro VII De Processibus e, in particolare, è stata inserita nel capitolo III della parte III dedicata ad alcuni processi speciali.
La collocazione della materia costituisce un dato di importante novità rispetto alla disciplina precedente, in quanto nel vecchio codice le poche norme processuali super rato erano frammiste alle norme che regolavano le cause di nullità del matrimonio (nota 5).

Il nuovo codice ha raccolto tutte le norme generali sul processo super rato in un solo capitolo intitolato De processu ad dispensationem super matrimonio rato et non consummato inserendole tra le procedure speciali matrimoniali e distinguendo la parte dottrinale del matrimonio rato e non consumato dalla parte procedurale (nota 6).

Il nuovo codice ha dedicato dieci canoni al processo super rato limitandosi ai principi e alle disposizioni essenziali e lasciando al competente dicastero (la Congregazione del Culto divino e della disciplina dei Sacramenti) il compito di emanare la normativa speciale.

Occorre segnalare, al riguardo, che il nuovo codice ha recepito quasi integralmente le modifiche già apportate dalla Congregazione per iSacramenti alle Regulae servandae del 7 maggio 1923 (nota 7) con l’Istruzione Dispensationis matrimonii del 7 marzo 1972 (nota 8).

Quanto alla procedura super rato, essa si sviluppa in due fasi che hanno ciascuna un diverso foro competente:

1) una fase istruttoria, la quale si svolge presso la Curia diocesana o il Tribunale Territoriale (infra, par. 4 ss.);

2) una fase decisoria, che fino all'entrata in vigore del motu proprio Quaerit semper, era di cognizione della Congregazione del Culto divino e della disciplina dei Sacramenti, mentre ora è del Tribunale della Rota Romana (nota 9), il quale, ha esclusiva competenza a conoscere de facto inconsummationi non soltanto tra parti cattoliche, ma anche tra una parte cattolica e una non cattolica o non battezzata e tra due parti battezzate acattoliche, sia nei territori di diritto comune, sia nei territori di missione (nota 10).

4. Segue: la fase istruttoria

Il foro dell’istruttoria del processo super rato, come abbiamo anticipato, è presso la Curia diocesana, in quanto la competenza a istruire il processo spetta al Vescovo diocesano.

A tal proposito, si deve segnalare l’emanazione (20 dicembre 1986), da parte della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti a tutti i
Vescovi diocesani, di Litterae Circulares (nota 11) allo scopo di fornire loro, a integrazione dela normativa codiciale, regole concrete per l’istruttoria del processo e per il suo iter fino all’inoltro degli atti alla stessa Congregazione.

Quanto al foro competente, il nuovo codice dispone che giudice competente dell’istruttoria, come anticipato, è il Vescovo della diocesi dove l’orator ha il suo domicilio o quasi domicilio (can. 1699 § 1 c.i.c.). Le Litterae Circulares (n.1) non escludono tuttavia che, con il permesso della Congregazione e il consenso del Vescovo del domicilio o quasi domicilio della parte oratrice, il processo possa svolgersi dove rimane più facile la raccolta delle prove o delle testimonianze.

Quanto all’istruttoria, il nuovo codice ne conferisce direttamente al Vescovo la facolta ordinaria ex ipso iure, per cui è stata superata la normativa della delega
generale a iure concessa dalla S. C. dei Sacramenti nell’Istr. Dispensationis matrimonii (nota 12).

Pertanto, la facoltà ordinaria del Vescovo è delegabile, sia in forma generale che nei singoli casi, per l’istruttoria dei processi, secondo quanto previstodal can. 1700 § 1 c.i.c. Lo stesso canone inoltre, consentendo al Vescovo di affidare stabilmente o caso per caso l’istruttoria delle cause super rato al tribunale di altra diocesi, ha codificato l’istituto della proroga di competenza, peraltro già introdotta dall’Istr. Dispensationis matrimonii nell’ipotesi di limitatezza della diocesi o penuria di sacerdoti periti in diritto canonico (II,c) (nota 13).

Una limitazione della facoltà che il nuovo codice conferisce al Vescovo di istruire il processo per inconsumazione, è data al cospetto di casi che si presentino particolarmente difficili, sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista morale.

In presenza di tali condizioni il Vescovo deve presentare il caso alla Congregazione e attenersi alle sue direttive (can. 1669 § 2; Litterae Circulares, n.2 (nota 14)).

Il procedimento in questione può essere introdotto esclusivamente dai coniugi o da uno di essi, quand’anche l’altro sia contrario (can. 1697 c.i.c.), in armonia col principio generale che la dispensa per inconsumazione, per essere concessa, deve essere sollecitata.

La petizione, che assume la forma del libello, deve essere presentata, come abbiamo già visto, al Vescovo locale del domicilio o quasi domicilio dell’attore (detto orator), o degli attori, ma va indirizzata al Sommo Pontefice. Il libello deve essere scritto e datato, e contenere la piena e accurata descrizione della fattispecie e delle cause che possono motivare la grazia pontificia; inoltre deve indicare il recapito dell’altra parte ed essere sottoscritta dal richiedente (o dai richiedenti).

Prima di costituire il Tribunale, il Vescovo deve appurare, mediante un’indagine stragiudiziale, se l’istanza è fondata (can. 1699 § 1; Litterae Circulares, n.3) e, sul punto, sentire l’altra parte sulla verità dei fatti asseriti nel libello (nota 15). Se ritiene che la richiesta abbia fondamento, deve disporre l’istruzione del processo; viceversa, se la domanda è ritenuta infondata il Vescovo la rigetta; nei confronti del decreto con cui il Vescovo respinge l’istanza super rato, è ammesso il ricorso alla Sede Apostolica (can. 1699 § 3 c.i.c.), in pratica alla Congregazione, che dopo averlo esaminato lo accoglierà o lo respingerà.

Peraltro, la questione dell’inconsumazione del matrimonio può essere introdotta, oltre che con le accennate modalità, anche in sede giudiziale, quando sia stata contestata la validità del matrimonio, o perché le parti sollevino (o una di esse sollevi) la questione dell’inconsumazione del matrimonio (can. 1700 § 2), ovvero perché dall’istruttoria della causa matrimoniale sia emerso il probabile dubbio dell’inconsumazione.

In questo caso il tribunale, dopo aver sospeso la causa di nullità col consenso delle parti e aver raccolto da esse, o una di esse, la domanda occorrente, può completare l’istruttoria in vista della dispensa super rato (can. 1681 c.i.c.).

Le Litterae Circulares (n.7) hanno precisato le condizioni per il passaggio dalla via giudiziaria per nullità a quella amministrativa per inconsumaziome:

a) ilpassaggio può avvenire qualunque sia il capo su cui è fondata la domanda per la dichiarazione di nullità;

b) il passaggio ex iure può essere effettuato in presenza di un semplice dubbio assai probabile che il matrimonio non sia stato cconsumato;

c) il Tribunale, ricevuto il consenso di entrambe le parti, deve sospendere la causa di nullità con apposito decreto (nota 16).

Costituito il Tribunale con la designazione del giudice delegato (se il Vescovo non intendesse istruire il processo direttamente), del Difensore del vincolo (nota 17), dell’Attuario e del’eventuale Consulente, tutti i membri prestano giuramento a norma del can. 1454 c.i.c.

Mentre la presenza del Difensore del Vincolo non introduce nel nuovo Codice alcuna novità, una vera innovazione è costituita dal can. 1701 § 2, in forza del quale il Vescovo, in presenza di difficoltà che può incontrare in taluni casi di inconsumazione del matrimonio, ha la facoltà di permettere alla parte oratrice o alla parte convenuta di avvalersi dell’opera di un giurisperito di loro fiducia.

Il vecchio ordinamento non faceva parola sulla presenza del legale nelle cause super rato e, di conseguenza, la S.C. dei Sacramenti aveva adottato in materia norme decisamente negative (nota 18);

tuttavia è stata la stessa Congregazione a introdurre la figura dei Consiglieri e Periti anche nelle cause di dispensa super rato con la già citata Istruzione Dispensationis matrimonii, «sia allo scopo di elaborare l’istanza di grazia della dipensa, sia nell’istruttoria del processo, sia ancora nella richiesta od effettuazione degli atti supplementari del processo medesimo» (II,e), qualora il suo esito sia stato negativo (nota 19) o nell’ipotesi che la Congregazione chieda un supplemento d’istruttoria.

In fatto di istruttoria super rato, il can. 1702 introduce una novità di rilievo quando prescrive: «Nell’istruttoria si ascoltino entrambi i coniugi e si osservino per quanto è possibile i canoni circa le prove da raccogliersi nel giudizio contenzioso ordinario e nelle cause di nullità del matrimonio, purché si possano adattare alla natura di questi processi».

La norma contribuisce a conferire al procedimento super rato una più completa tutela giuridica di carattere generale e risponde, nello stesso tempo, a esigenze specifiche del sistema probatorio del processo per inconsumazione.

In relazione all’esame dei coniugi le Litterae Circulares prevedono:

- che si richiedano ai parroci le testimoniali di credibilità dei testimoni e di rettitudine delle parti (...); se non è possibile averle, si richiedano altri documenti alla Curia diocesana (...) (n.8);

- che, deferito alla parti il giuramento de veritate dicenda a norma del diritto, l’istruttore le interroghi sui quesiti preparati da lui stesso o dal Difensore del vincolo (...) (n.11);

- che nell’interrogatorio della donna l’istruttore curi che sia presente un medico, il quale sia di grande autorità e prestigio per religiosità, condotta morale ed età (n.12).

Quanto alle prove, nel processo super rato possono essere sia di carattere morale che di carattere fisico:

- le prove di carattere morale sono la confessione giurata e concorde delle parti tenendo presente il can. 1536 § 2, le deposizioni giurate dei testimoni con gli attestati di credibilità, documenti sia pubblici che privati, presunzioni e indizi legittimi;

- le prove di carattere fisico si risolvono nell’ispezione corporale dei coniugi a opera di uno o più periti (L.C., n.15), al fine di accertare l’integrità fisica della donna o le difficoltà sessuali dell’uomo (nota 20); le relazioni d’ispezione medica, eseguite privatamente, possono acquisirsi agli atti, se l’istruttore lo ritenga opportuno (L.C., n.19).

Altra innovazione di rilievo è prevista dal can. 1703 c.i.c., relativo al segreto istruttorio nei processi super rato.

Il nuovo Codice ha inteso mitigare il rigore della precedente normativa, conferendo al giudice istruttore il compito di indagare se, dalle prove addotte o dalle deposizioni dei testi, sia possibile dedurre un grave ostacolo che impedisca di stabilire la verità sull’inconsumazione o sull’esistenza della giusta causa.

In questo caso il giudice ha il diritto e il dovere di derogare, con la necessaria prudenza, al segreto istruttorio, rendendo noti alla parte interessata la natura e il contenuto dell’ostacolo.

Altra eccezione all’assolutezza del segreto istruttorio è disposta dallo stesso can. 1703, al § 2, il quale consente alla parte, che ne ha interesse, di avere in visione un documento o una testimonianza, resi al giudice in pendenza di istruttoria, e avere la possibilità e il tempo di presentare al medesimo giudice le eventuali deduzioni in contrario con l’ausilio del Consulente.

5. Segue: la conclusione del processo in diocesi

Il can. 1704 § 1 prescrive che l’Istruttore, terminata l’istruttoria, trasmetta tutti gli atti al Vescovo, accompagnati da una sua appropriata relazione (apta relatio). In essa l’istruttore dovrà fare un resoconto del processo, in modo che il Vescovo possa esprimere il suo voto personale (voto pro rei veritate) sul fatto dell’inconsumazione, sull’esistenza della giusta causa e sull’opportunità della grazia (nota 21). In merito al contenuto del voto pro rei veritate le Litterae Circulares (n.23) hanno chiarito alcuni aspetti:

- il Vescovo deve redigere il voto personalmente; può tuttavia delegare generaliter, con speciale mandato, la facoltà di compilarlo al Vicario Generale o al Vicario Episcopale;

- nelle cause in cui si fa passaggio della via giudiziaria a quella amministrativa, il voto pro rei veritate deve essere formulato dal Vescovo del Tribunale Regionale o Interdiocesano, ma sempre dopo aver acquisito il parere del Vescovo della parte oratrice, almeno circa l’opportunità di concedere la dispensa;
- nel redigere il voto pro rei veritate il Vescovo deve considerare anche l’opportunità della grazia, l’assenza di scandalo, la meraviglia dei fedeli e i danni di qualsiasi genere che potrebbero derivare dalla concessione della grazia;

- le conseguenze dell’indulto richiesto, in ordine al bene delle anime e alla pace da restutuire alle coscienze.

Specifica attenzione merita anche il secondo paragrafo del can.1704, in cui è posta l’ipotesi che il processo super rato sia istruito con proroga di competenza, a norma del can. 1700 c.i.c.

In tal caso, esprimere il voto pro rei veritate spetta unicamente al Vescovo committente, a quello cioè che, avendo accettato l’istanza di grazia ex titulis competentiae, conosce bene le condizioni della diocesi ove ha sede la parte oratrice e, quindi, più di ogni altro grado è in condizione di esprimere un parere più completo e responsabile.

Il Vescovo diocesano, raccolto insieme il materiale di causa, deve trasmettere tutti gli atti alla Sede Apostolica (prima dell'entrata in vigore del motu proprio
Quaerit semper alla Congregazione del Culto divino e dei Sacramenti, dopo l'entrata in vigore al Tribunale della Rota Romana(nota 22)), insieme al suo voto, alle osservazioni del Difensore del vincolo (can. 1705 § 1) e alla relazione dell’istruttore.

Non occorre trasmettere gli atti in originale, che vanno invece custoditi nell’archivio di curia o del tribunale, a meno che la Rota Romana non ne faccia espressa richiesta.

Nell’ipotesi del passaggio dalla via giudiziaria per nullità a quella amministrativa per inconsumazione, non è il Vescovo diocesano che trasmette alla Santa Sede gli atti dell’istruttoria, ma il tribunale stesso, allegando il proprio voto a quella del Vescovo moderatore del tribunale regionale o interdiocesano, e inoltre la domanda di dispensa di uno o di entrambi i coniugi.

Il Tribunale della Rota Romana può dichiarare, nel rescritto, che non consta dell’inconsumazione (nota 23) ovvero accogliere la domanda. Tuttavia, è possibile che lo stesso Tribunale richieda un supplemento d’istruttoria; in questo caso dovranno essere indicati gli elementi sui quali essa deve essere completata (can. 1705 §2 c.i.c.).

Il rescritto che concede la dispensa deve essere poi trasmesso dalla Santa Sede al Vescovo, il quale è tenuto a notificarlo alle parti (can. 1706 c.i.c.).

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Note:

1 L’atto procreativo (la copula) deve essere, come suo dirsi, completo, cioè possedere tre requisiti: erezione; penetrazione, almeno parziale in vagina; eiaculazione in vagina.

2 La Congregazione per i Sacramenti ha chiarito che l’inciso humano modo va inteso nel senso che l’atto consumativo deve essere un atto umano da entrambe le parti, ma è sufficiente che sia virtualmente volontario, anche se posto con timore, purché non richiesto violentemente (Adunanza Plenaria, aprile 1986).

3 In proposito, il magistero pontificio insegna che, nello sciogliere un vincolo matrimoniale in sé valido, il Papa usa una potestà vicaria in materia di diritto divino (Pio XII, allocuzione 3 ottobre 1941), per cui essa, secondo la dottrina comune, non è delegabile.

4 Il rescritto di grazia viene concesso dalla Santa Sede in forma graziosa, ossia senza esecutore, ricevendo, pertanto, la sua efficacia nel momento in cui il Romano Pontefice accorda la grazia, e non dal momento in cui l’interessato riveve la notificazione.

5 Il cap. III (del Tit. XX del libro IV c.i.c. 1917) dal titolo De iure accusandi matrimonium et postulandi dispensationem super rato riuniva in tal modo, sotto un’unica trattazione, due processi di natura del tutto diversa, quali sono la contenzionsa e l’amministrativa.

6 In questo modo, oltre a raggiungere una maggiore perfezione formale della legge, si è provveduto a rendere più agevole il lavoro dei tribunali ecclesiastici offrendogli uno strumento più adatto alle attività che devono svolgersi presso di loro.

7 Decr. Catholica Doctrina et Regulae Servandae in processibus super matrimonio rato et non consummato (7.V.1923), in AAS, XV(1923), pp.389-413.

8 Instr. De quibusdam emendationibus circa normas in processu super matrimonio rato et non consummato servandas (7.III.1972), in AAS, LXIV (1972), pp. 244-252.

9 Con lettera apostolica, in forma di motu proprio, Quaerit semper, del 30 agosto 2011, del Sommo Pontefice Benedetto XVI, è stata modificata la costituzione apostolica Pastor Bonus, trasferendo alcune competenze della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti al nuovo Ufficio per i procedimenti di dispensa super rato e di nullità della sacra ordinazione costituito presso il Tribunale della Rota Romana.

10 Questa estensione della competenza è stata confermata con lettera della segreteria di Stato del 15 luglio 1973.

11 Litterae Circulares «De processu super matrimonio rato et non consummato», diei 20 decembris 1986 Congregationis pro Sacramentis, in Communicationes, 1988, pp. 78 ss.

12 Con l’Istr. citata i Vescovi ricevettero la facoltà generale di istruire i processi super rato nei propri territori, mentre precedentemente potevano costituire il tribunale istruttorio soltanto per delega della Congregazione dei Sacramenti.

13 Il can. 1700 § 1 ha previsto, in aggiunta, la possibilità di affidare l’istruttoria del processo ad un sacerdote che appaia idoneo al compito attribuitogli.

14 Le Litterae indicano, a titolo esemplificativo, i seguenti casi difficili: «usus onanisticum matrimonii, admissa penetratio sine eiaculatione, conceptio per seminis absorptionem, foecundatio artificialis et aliae methodi qui ex hodierna scientia medica subvenire possint, praesentia prolis, defectus humani modi in actu consummandi matrimonium, periculum scandali aut damnorum oeconomicum cum gratiae concessione connexum et halia huiusmodi».

15 È prassi lodevole di alcuni tribunali, prima ancora di ammettere il libello, di informare l’altra parte convocandola di persona, per rendersi conto, dalle sue dichiarazioni, se la tesi dell’inconsumazione abbia qualche fondamento.

16 Le Litterae, sottolineando la necessità della sospensione della causa con decreto, hanno risolto il dubbio circa le sorti del processo di nullità matrimoniale che il vigente codice non chiariva. Infatti la sospensione con decreto significa che la causa di nullità viene interrotta, non estinta; pertanto potrà essere ripresa ad istanza di parte.

17 Il disposto del can.1701 § 1 c.i.c. ribadisce un’esigenza inerogabile: «In his processibus semper intervenire debet vinculi difensor», il quale deve esporre tutti gli argomenti che possono ragionevolmente essere addotti contro la nullità o lo scioglimento (Litterae Circulares, n.22; can. 1432 c.i.c.). In pratica, il Difensore del Vincolo, oltre a presenziare all’esame delle parti, dei testi e ei periti ed ad esaminare i capitoli d prova proposti dalle parti, è tenuto a stendere le rituali Osservazioni in difesa del vincolo.

18 In una Lettera circolare del 15 giugno 1952 agli Ecc.mi Ordinari (lettera non pubblicata) la S.C. dei Sacramenti, considerata riservata la materia super rato, prescriveva loro di tener lontani da tal genere di cause procuratori ed avvocati.

19 Cfr., su questo punto, anche il can. 1705 § 3.

20 In proposito, cfr. Litterae Circulares, n.18 («L’ispezione corporale dei coniugi dev’essere effettuata, se è necessaria per conseguire la prova giuridica del fatto dell’inconsumazione. Potrà omettersi, se di essa, a giudizio dell’istruttore, sussista una prova piena, sotto ogni aspetto, raggiunta mediante l’argomento morale. Non occorre procedere all’ispezione della donna, se dalla ispezione dell’uomo risulta la sua incapacità di consumare il matrimonio o se la donna rifiuti di sottoporsi ad essa. In quest’ultimo caso, bisognerà ammonirla delle conseguenze giuridiche del rifiuto»).

21 Formulare il voto pro rei veritate è stata sempre prerogativa particolare del Vescovo, sia per la sua posizione di Pastore delle anime, sia per la cura speciale che egli è tenuto a svolgere nell’amministrazione del sacramento del matrimonio.

22 Il giorno dell'entrata in vigore del m.p. Quaerit semper, vale a dire il 1° ottobre 2011, i procedimenti di dispensa del matrimonio super rato, ancora pendenti presso la Congregazione, sono stati trasmessi al nuovo Ufficio costituito presso il Tribunale della Rota Romana, secondo quanto disposto dall'art. 4 dello stesso motu proprio.

23 In questo caso la pronunzia ha carattere interlocutorio in quanto la parte interessata può incaricare un proprio patrono di esaminare gli atti del processo nella sede del tribunale ove si è svolta l’istruttoria, allo scopo di verificare se esiste la possibilità di insistere nella domanda (can.1705 § 3 c.i.c.).

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