STUDIO LEGALE
SCAFETTA

Tassa rifiuti e residenza. Sentenza contro le discriminazioni del Comune

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Diritto immobiliare

Consiglio di Stato: ingiusto che i non residenti paghino una tassa rifiuti più alta dei residenti.

La discrezionalità del Comune deve fare i conti con il criterio della proporzionalità.

Sulla Tari, il Consiglio di Stato dice no alle discriminazioni tra residenti e non: la tassa sui rifiuti non può pesare di più sulle tasche dei cittadini che non risiedono abitualmente nel Comune rispetto a chi consuma di più perché ci vive tutti i giorni dell’anno.

Sembra ovvio, eppure Palazzo Spada ha dovuto mettere nero su bianco questo principio, con la sentenza n. 4223 del 6 settembre scorso, stabilendo che i Comuni non possono determinare le tariffe in tutta libertà, generando irragionevoli o immotivate disparità tra categorie di superfici tassabili potenzialmente omogenee, giustificandoli con argomenti estranei allo specifico contesto.

Dunque, il regolamento comunale che obbliga chi non vive nel territorio locale a pagare di più intermini di Tari è illegittimo e può essere impugnato davanti al giudice amministrativo.

Poiché la discrezionalità di cui si avvale l’ente nel determinare le tariffe ha natura tecnica, non ‘politica’, e di conseguenza la decisione si deve basare su una stima realistica della produzione di rifiuti, in base alle caratteristiche proprie di quel territorio comunale.

In concreto l’ente deve rispettare, nell’esercizio della discrezionalità tecnica, il fondamentale principio di proporzionalità, anche in applicazione del principio comunitario “chi inquina paga”, sancito in materia di Tarsu dalla Corte Ue in due diverse decisioni, nel 2009 e nel 2014.

Una decisione seguita alla vicenda che ha visto protagonista il proprietario di un immobile del Comune di Jesolo, immobile utilizzato solo nei mesi estivi.

L’uomo aveva presentato ricorso al Tribunale amministrativo del Veneto contro il Regolamento Tia, la tariffa d’igiene ambientale del Comune (delibera consiliare n. 25 del 28 febbraio 2005), che stabiliva il principio secondo cui “la spesa a carico dell'utenza domestica deve essere a sua volta ripartita fra utenze domestiche residenti e non residenti ed i criteri da seguire per determinare la somma pecuniaria da ciascuno dovuta”, nonché la delibera di giunta n. 59 del 28 febbraio 2005, pubblicata il 17 marzo 2005, che suddivideva il costo complessivo del servizio d'asporto rifiuti posto a carico delle utenze domestiche nella misura del 33,20% a carico di quelle residenti e del 66,80% a carico di quelle non residenti.

Il Tar Veneto, con la sentenza del 24 luglio 2007, n. 2572, aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso riguardo la distinzione delle utenze domestiche "residenti" e "non residenti".

Così il proprietario dell’immobile di Jesolo aveva impugnato la decisione davanti al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato ha invece ribaltato la decisione, stabilendo che nonostante la natura ‘tecnica’ della discrezionalità, il Comune deve fare i conti con il limite intrinseco della proporzionalità; e in questocaso, il criterio formale della residenza scelto dal Comune di Jesolo per diversificare il carico tributario tra i soggetti passivi d'imposta contraddice i caratteri e i limiti di detto principio.

Anzi, a rigor di logica, sono i residenti, che vivono con continuità nel territorio comunale, a produrre maggior spazzatura rispetto a coloro che soggiornano per periodi saltuari in quel Comune.

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