STUDIO LEGALE
SCAFETTA

Smart working militari

smart working militari

Lo smart working è possibile per i militari? La risposta è SI.

Chi è interessato può contattarci.

Al momento i militari che intendono avvalersi della facoltà di svolgere la prorpia attività in smart working devono agire per vie legali.

Stanno beneficiando della suddetta opportunità solo coloro che si organizzano in tal senso.

Purtroppo lo Stato Maggiore della Difesa, contrariamente a quanto fatto per i dipendenti civili, non ha mai disciplinato lo smart working per i militari, rendendo di fatto inapplicata questa opzione.

Il nostro auspicio è che, aumentando il numero dei ricorsi, si decidano ad estendere al comparto Difesa tutte le norme previste per il pubblico impiego. Non solo quelle penalizzanti.

Va sempre ricordato che lo smart working per i militari non deve essere considerato un beneficio per il singolo ma un'opportunità per le Forze Armate.

Presupposto giuridico

A seguito dell’esperienza pandemica, il lavoro agile è entrato di diritto a far parte del panorama giuslavoristico italiano, oltre a consolidarsi, a livello internazionale nei settori pubblico e privato

La l. n. 81 del 2017 ha introdotto, infatti, nel nostro ordinamento questa nuova modalità di esecuzione c.d. flessibile della prestazione lavorativa subordinata, al fine di garantire maggior competitività nel mercato del lavoro, nonché la possibilità per il lavoratore di meglio conciliare attività lavorativa con quella familiare, garantendo comunque determinati standard di produttività.

In realtà, si tratta di una modalità non del tutto nuova per l’ordinamento italiano, già oggetto di specifica regolamentazione da parte di alcuni contratti collettivi e accordi aziendali ma che, tuttavia, ha avuto scarso successo proprio in virtù dell’assenza di una normativa di riferimento che ne delineasse lo specifico ambito applicativo e le relative tutele connesse, sia a favore del lavoratore che a favore del datore di lavoro.

È evidente, quindi, come sia stata avvertita e perseguita l’esigenza di “modernizzare” il quadro normativo di riferimento e di adattarlo alle attuali necessità.

Per il settore pubblico, il Legislatore era già intervenuto con l’art. 14 della legge n. 124 del 2015 (di riforma della pubblica amministrazione), che ha dettato norme volte a favorire e promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche.

In particolare, si è disposto che le amministrazioni pubbliche adottassero misure organizzative per l’attuazione dello smart working e di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, anche al fine di tutelare le cure parentali.

La richiamata disposizione prevede che ogni anno le amministrazioni pubbliche redigano, sentite le organizzazioni sindacali, il Piano organizzativo del lavoro agile (POLA), ora PIAO (Piano integrato di attività e organizzazione che accorperà, tra gli altri, i piani della performance, del lavoro agile, della parità di genere, dell’anticorruzione.

I POLA confluiranno, quindi, in questo nuovo Piano unico, che avrà durata triennale con aggiornamento annuale e dovrà essere pubblicato dalle amministrazioni entro il 31 dicembre di ogni anno.

Nel transitorio, resta ferma la previsione, secondo cui, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, almeno il 15 % dei dipendenti possa avvalersene, garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.

Sul punto, si segnala, soprattutto, la clausola di salvaguardia che prevede, in caso di mancata adozione del POLA, che il lavoro agile si applichi almeno al 15% dei dipendenti, ove lo richiedano.

La materia è, comunque, oggetto di frequenti interventi legislativi che evidenziano un fervido dibattito politico sul tema, con specifico riferimento allo smart working nelle PA.

Da ultimo, si sottolinea che dal 1° gennaio 2024 è terminato lo smart working in modalità emergenziale per i lavoratori della pubblica amministrazione, mentre è stato prorogato fino al 31 marzo 2024 per i genitori con figli minori di 14 anni e i lavoratori fragili del settore privato, come stabilito dall’art. 18-bis della Legge n. 191/2023 di conversione del “Decreto Anticipi” (decreto-legge n. 145/2023).

La proroga del lavoro agile emergenziale per i dipendenti statali era attesa nel testo definitivo del decreto legge Milleproroghe (decreto-legge n. 215/2023), approvato dal consiglio dei Ministri il 28 dicembre scorso.

A seguito della mancata proroga, il Ministro della Funzione Pubblica ha emesso il 29 dicembre la direttiva “salva fragili”, consentendo accordi individuali mirati e misure organizzative necessarie.

La direttiva ha lo scopo di “sensibilizzare la dirigenza delle amministrazioni pubbliche ad un utilizzo orientato alla salvaguardia dei soggetti più esposti a situazioni di rischio per la salute, degli strumenti di flessibilità che la disciplina di settore – ivi inclusa quella negoziale – già consente”.

Si legge nella direttiva “Nell’ambito dell’organizzazione di ciascuna amministrazione sarà, pertanto, il dirigente responsabile a individuare le misure organizzative che si rendono necessarie, attraverso specifiche previsioni nell’ambito degli accordi individuali”.

Nel 2024, il lavoro agile nella pubblica amministrazione dipenderà, dunque, come specificato nella direttiva, da “accordi individuali – sottoscritti con il dirigente/capo struttura – che calano nel dettaglio obiettivi e modalità ad personam dello svolgimento della prestazione lavorativa”.

Ma qual è lo stato dell’arte per il personale civile e militare della Difesa? Ebbene, nell’ambito del Documento di monitoraggio strategico redatto dall’OIV (Organismo Individuale di Valutazione della Performance) per il Ministero della Difesa figura tra i principali obiettivi del dicastero il coordinamento ed il monitoraggio delle attività inerenti all’attivazione dello “smart working” per il personale civile e militare della Difesa, in ossequio alle relative disposizioni legislative che hanno introdotto le nuove e agili misure di lavoro per i dipendenti delle PA.

Per i civili della Difesa, lo smart working è stato, in effetti, attivato in ossequio all’attuale quadro normativo, ma, come spesso accade, il personale con le stellette, parimenti composto di madri e padri con comuni esigenze di tutela, al momento risulta “dimenticato” dal Ministero, pur a fronte della esplicitata presenza del lavoro agile tra gli obiettivi ministeriali di razionalizzazione e modernizzazione dei processi di governance delle risorse umane e nonostante le previsioni di legge nulla dicano in termini di esclusione dei militari dall’ambito di applicazione.

La sospensione della possibilità per i militari di svolgere in modalità agile la prestazione lavorativa, laddove questa rientri tra le prestazioni smartabili, discende da una mera disposizione interna dello SMD che, a decorrere da gennaio 2022, essendo terminato il periodo emergenziale, ha, di fatti, vietato lo smart working ai militari, in considerazione della circostanza che tale modalità di espletamento del servizio non sia apparentemente disciplinata per il personale alle armi.

Al riguardo, sul fronte giurisprudenziale, si segnalano diverse pronunce del giudice amministrativo, peraltro di secondo grado (CGA), in cui il Collegio adito ha imposto all’Amministrazione Difesa la concessione dello smart working al personale militare, senza alcuna condizione, quale provvedimento di maggior tutela nei confronti dei ricorrenti, risultati vincitori di contenziosi in materia di impiego (42 bis D. Lgs. 151/2001).

Si tratta, infatti, lo si ribadisce, non di una assenza dal servizio, ma sic et simpliciter di una diversa modalità di espletamento dello stesso, di sicuro utile al personale, vieppiù con figli minori e situazioni problematiche o di fragilità, ma anche tecnicamente improduttiva di effetti negativi per l’Amministrazione, anzi con positive ricadute in termini di risparmio dei costi di esercizio.

Paradossalmente, la concessione dei permessi ex l. 104/92 comporta limitazioni ben più gravose per la Forza Armata, rendendo il personale non impiegabile all’estero e/o nelle attività addestrative propedeutiche all’invio in teatro operativo (oltre alle giornate di assenza dal servizio).

Quanto sin qui descritto, necessita, pertanto, a parere dello scrivente, di necessari approfondimenti e/o azioni discendenti atteso che lo smart working, al di là della positiva esperienza registrata nel periodo pandemico, può senz’altro costituire, in via mediata, un nuovo fronte di tutela del personale, che consenta di conciliare le esigenze familiari, ma anche le aspirazioni professionali, con quelle della Forza Armata, senza alcun detrimento dei livelli di efficienza della stessa.

Chissà se il Ministero della Difesa coglierà questa opportunità (che ha già fissato nei propri obiettivi strategici), non “lasciando indietro” nessuno dei propri dipendenti ed accogliendo, con favore, la sfida di un cambiamento, soprattutto, di mentalità nella gestione del personale che, non essendo più procrastinabile e senza rinunciare alla propria operatività, lo proietterebbe nel presente.

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