STUDIO LEGALE
SCAFETTA

Immunità Comandanti per contagio dei militari impiegati nell'emergenza Covid-19

Immunità Comandanti per contagio dei militari impiegati emergenza Covid-19

di Laura Ciccone

Oggi più che mai abbiamo sentito il dovere di scrivere, noi che per lavoro siamo accanto a chi, costantemente e senza mai cedere il passo,svolge la sua missione indossando con onore la divisa e i valori che la stessa rappresenta, per garantire la sicurezza dell’intero paese.

Sin dall’inizio di questa tragica epidemia, oltre ai medici e agli infermieri, sono stati richiamati in “trincea” anche migliaia di uomini e donne a cui è stato chiesto non solo di vigilare sul rispetto delle norme e delle restrizioni imposte dal governo, ma anche di presidiare gli ospedali, le strade e tutti i luoghi ritenuti sensibili e strategici.

Un’azione, questa, che molti ritengono sia una routine, un compito semplice, un servizio dovuto o un lavoro come tanti, ma che nella realtà è qualcosa di più.

Pochi infatti, guardando un Carabiniere, un Militare o un agente di Polizia, vedono realmente il pericolo che ogni giorno gli stessi affrontano con estremo coraggio.

Eppure, mentre i nostri eroi rischiano la propria vita, all’interno della Commissione Difesa del Senato – organo preposto alla valutazione dei progetti di legge in materia di difesa– vieneproposto ed approvato un parere volto ad introdurre una “immunità” per i Comandanti in caso di contagio dei propri sottoposti.

In particolare, i firmatari della richiesta, oltre a porre l’attenzione sulla necessità di misure atte ad evitare qualsiasi rischio epidemiologico, hanno chiesto che fossero valutate “forme di tutela in sede civile e penale, qualora siano stati assolti i prescritti obblighi di formazione e informazione dei militari circa la tutela dalla contaminazione da agenti virali trasmissibili e siano stati emanati ordini conformi alle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie, adeguatamente e compiutamente partecipati a tutto il personale, anche attraverso sistemi di comunicazione telematica interna”.

Ciò che si è chiesto è un’esenzione da ogni eventuale conseguenza, sia penale che civile, dei Comandanti che abbiano informato il personale, loro sottoposto,su tutti i rischi inerenti la contaminazione, nonché la trasmissione, del virus.

Sin da una prima lettura del testo, però, sorge spontanea una domanda: quali sono i limiti degli obblighi di informazione del personale o meglio, quando e come questi obblighi possono dirsi assolti? E soprattutto, rendere edotto il personale operativo dei rischi, senza garantirgli però un’adeguata fornitura di strumenti idonei a minimizzare il contagio, può considerarsi assolvimento dei propri compiti? La Forze dell’Ordine operano senza gli adeguati strumenti di protezione; ricevono ordini cui devono adeguarsi nonostante gli stessi mutino costantemente; continuano ad operare in luoghi non sanificati; nei loro confronti nessuno intende assumersi le responsabilità necessarie a fronteggiare la crisi.

In questo momento d’emergenza, proteggere chi ci protegge dovrebbe essere un imperativo, eppure non sembra essere così.

Purtroppo, come spesso accade ci troviamo dinanzi ad un’Italia divisa, nella quale da un lato si emana una nota volta a tutelare i lavoratori dalle conseguenze legate all’eventuale contagio da Covid-19 (nota INAIL del 27.3.2020); mentre dall’altra si avanza una proposta per tutelare chi, rivestito di un grado superiore, può esimersi dal rispondere per la sua superficialità, rispettando blandi obblighi non codificati (disegno di legge n. 1766).

Nel primo caso infatti, il datore di lavoro è obbligato a fornire aggiornamenti costanti ai propri dipendenti; attuare i protocolli anti-contagio; sanificare gli ambienti di lavoro; adottare tutte le misure più idonee a prevenire il diffondersi del virus.

Nel secondo invece, ai Comandanti basta dimostrare di aver informato il proprio personale, per essere considerati immuni da qualsiasi tipo di responsabilità, anche omissiva. È noto a chi scrive, ma ancor più a chi legge, il contenuto dell’art. 729 del Regolamento Militare (d.P.R. n 90 del 2010), il quale stabilisce che "il militare deve eseguire gli ordini ricevuti con prontezza, senso di responsabilità ed esattezza, nei limiti stabiliti dal codice e dal regolamento, nonché osservando scrupolosamente le specifiche consegne e le disposizioni di servizio (…omissis…). Il militare al quale è impartito un ordine che non ritiene conforme alle norme in vigore deve, con spirito di leale e fattiva partecipazione, farlo presente a chi lo ha impartito dichiarandone le ragioni, ed è tenuto a eseguirlo se l’ordine è confermato".

Il giuramento prestato impone anche l’obbedienza, non sempre incondizionata, a tutti gli ordini ricevuti da un proprio superiore.

Da ciò si deduce che, laddove un sottoposto, nel pieno rispetto della linea gerarchica, esegua un ordine o una direttiva emanati in totale violazione delle norme sulla prevenzione e nel farlo contragga il virus Covid-19, nessuno dei suoi superiori potrà essere ritenuto responsabile.

Una scelta legislativa che si mostra singolare. Che si voglia, attraverso la protezione dei superiori, nascondere tutte le carenze che l’epidemia ha fatto emergere? Appare lecito dunque, nonché doveroso, chiedersi quale sia il prezzo dell’immunità proposta.

La vita di un uomo o di una donna può essere considerata il contrappeso della responsabilità civile e penale di un superiore? Purtroppo, ancora una volta, la politica si dimostra insensibile ai problemi di coloro che, per primi, rappresentano il baluardo a protezione della costituzione e dei valori in essa contenuti.

Nell’attesa di conoscere gli sviluppi futuri e il corso che seguirà la proposta, rinnoviamo la nostra vicinanza a tutti coloro che, silenziosamente e incondizionatamente, si pongono al nostro fianco ogni giorno.

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