Circolazione stradale: nuove importanti pronunce della Corte Costituzionale.

Inversione di marcia nelle zone successive al casello autostradale (norma impugnata: art. 176, c. 1°, lett. a), e 22°, Codice della Strada) e legittimità costituzionale della previsione della automatica revoca della patente (norma impugnata: art. 213, comma 8, Codice della Strada).
Con la prima Sentenza in rassegna, la n. 266 del 22 dicembre 2022, la Corte costituzionale ha affrontato la questione della legittimità del 22° comma dell’art. 176 C.d.S., che, per il caso di violazione del divieto di inversione di marcia nelle autostrade, previsto dal 1° comma, lett. a) del medesimo art. 176, prevede, oltre alla comminazione di una sanzione pecuniaria e al fermo del veicolo, anche la revoca della patente: e ciò anche nel caso in cui l’inversione di marcia avvenga non solo nel tratto compreso tra i caselli di entrata e quelli di uscita, ma anche in quello successivo al casello d’uscita e precedente ai cartelli di fine e inizio autostrada.
In sostanza, la Corte Costituzionale ha escluso il contrasto con l’art. 3 Cost. della norma impugnata sulla base della considerazione in diritto che la scelta del legislatore, seppur severa, di prevedere l’obbligatoria applicazione della sanzione della revoca della patente è ragionevolmente giustificata dalla gravità delle conseguenze potenzialmente derivanti da una inversione di marcia effettuata in un’autostrada, o in una strada extraurbana principale, anche nel tratto stradale immediatamente successivo ai caselli di entrata e di uscita.
Quanto precede, consente di distinguere la decisione n. 266 da quanto statuito nella seconda decisione qui in esame, la Sentenza n. 246 del 24 ottobre 2022, che ha dichiarato parzialmente illegittimo l’art. 213 comma 8 C.d.S. per contrasto con l’art. 3 Cost. nella parte in cui prevede l’automatismo della revoca della patente in conseguenza di condotte di circolazione abusiva del veicolo sottoposto a sequestro, recitando “si applica” invece di “può essere applicata”.
Invero, la Corte Costituzionale ha osservato che tali condotte illecite, consistenti nella circolazione abusiva del veicolo sottoposto a sequestro amministrativo da parte del soggetto che aveva assunto la custodia del veicolo, non causano pericolo per la vita o l’incolumità di alcuno e possono sottendere “una possibile eterogeneità di ragioni”, risultando così espressive di una diversa “gravità della violazione dei doveri di custodia nel caso specifico”.
In tal modo, alla luce del pronunciamento sopra indicato, in caso di accertamento della violazione di cui all’art. 213, comma 8 C.d.S., la revoca della patente non integra più un atto dovuto da parte della Prefettura, la quale, ai fini dell’adozione del provvedimento sanzionatorio dovrà obbligatoriamente operare una valutazione delle circostanze afferenti al caso concreto.