NON LUOGO A PROCEDERE PER IL MILITARE INGIUSTAMENTE ACCUSATO DI TRUFFA MILITARE AGGRVATA.

Con sentenza n. 71/23, pronunciata in data 21.09.2023, il Giudice dell’Udienza Preliminare presso il Tribunale Militare di Roma, pronunciava sentenza di non luogo a procedere nei confronti di un militare ingiustamente accusato di truffa militare aggravata.
Nel caso di specie, il militare era stato accusato di aver commesso il reato di truffa militare continuata e pluriaggravata (art. 81 cpv. c.p. nonché artt. 47 n. 2 e 234 commi 1 e 2 c.p.m.p.) e gli veniva contestato di aver indicato nello statino personale delle presenze orari di lavoro superiori a quelli effettivamente svolti, ottenendo, in tal modo, trattamenti stipendiali non dovuti e, conseguentemente, danneggiando l’Amministrazione Militare.
Le indagini svolte sono consistite nell’annotazione giornaliera degli orari di arrivo e partenza del militare dal luogo di servizio e nel confronto fra i dati in questo modo acquisiti e le celle telefoniche che l’utenza in uso all’imputato avrebbe intercettato nel periodo di interesse.
Nel caso di specie, gli operanti di p.g., nonostante le indicazioni impartite dalla Procura Militare, hanno preso in esame un’utenza telefonica mai intestata all’imputato e certamente non in uso al predetto!
La difesa dell’imputato, tenuta dall’Avv. Michela Scafetta, ha portato all’attenzione del GUP che nel periodo in contestazione erano anche in vigore le disposizioni emanate dal Comandante dell’imputato per fronteggiare l’emergenza Covid-19 in forza delle quali gli orari di inizio e fine servizio andavano certamente rivisti alla luce delle misure di contenimento del contagio e della disposizione aventi ad oggetto lo smart-working.
Il giudice ha rilevato, pertanto, che il confronto fra le dichiarazioni di presenza del militare e le assenze registrate non fossero sufficienti a fondare i presupposti per una successiva fase dibattimentale, dovendo egli valutare anche quelle disposizioni che prevedevano casi per i quali il militare, pur non trovandosi sulla base, dovesse considerarsi comunque in servizio.
In conclusione, con riferimento alle prove che l’ordinamento statuisce quali idonee a provare l’accusa, vale a dire le autocertificazioni del militare, l’attività investigativa dei Carabinieri e le disposizioni in vigore ai fini della gestione del virus Covid, emergeva la ragionevole probabilità di innocenza dell’imputato.
Per tale motivo, all’udienza preliminare il giudice ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste.